Deluso dall'esito del concorso - approfittando del momento di relativa tranquillità politica che dalla morte di Gian Galeazzo Visconti (1402) perdurò fino a quella di Bonifacio IX (1404), con l'ingresso del re di Napoli Ladislao nell'Urbe - nel 1402 Brunelleschi si recò a Roma per studiare "l'antico", con Donatello, allora ventenne, con il quale si andava instaurando un intenso rapporto di amicizia. Il soggiorno romano fu cruciale per le vicende artistiche di entrambi. Qui poterono osservare i copiosi resti antichi, copiarli e studiarli per trarre ispirazione. Il Vasari racconta come i due vagassero nella città spopolata alla ricerca di "pezzi di capitelli, colonne, cornici e basamenti di edifizii", mettendosi a scavare quando li vedevano affiorare dal terreno. La coppia veniva chiamata per dileggio "quella del tesoro", poiché si pensava che scavassero alla ricerca di tesori sepolti, e in effetti in qualche occasione rinvennero materiali preziosi, come qualche cammeo o pietra dura intagliata o, addirittura, una brocca piena di medaglie. Entro il 1404 Donatello era già rientrato a Firenze, per collaborare con Ghiberti alla creazione dei modelli in cera per la porta del Battistero. Filippo restò ancora a Roma, pagandosi l'alloggio con saltuari lavori da orafo. Nel frattempo il suo interesse si spostò dalla scultura all'architettura, dedicandosi, sempre secondo il Manetti, allo studio degli edifici romani, cercando di capirne i segreti e i dettagli strutturali. Brunelleschi si concentrò soprattutto sulle proporzioni degli edifici e sul recupero delle tecniche di costruzione antiche. Negli anni successivi dovette tornare a Firenze, dove è documentato ma non in maniera continuativa, spostandosi probabilmente per tornare di nuovo a Roma in più occasioni[11].
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Un altro lavoro in un palazzo civile attribuito a Brunelleschi è il cortile di palazzo Busini-Bardi, il più antico esempio di palazzo fiorentino con tale apertura porticata su quattro lati al centro, ripresa dall'architettura delle domus romane[37].
La storia dell'architettura nel periodo compreso tra il V e il XII secolo può essere suddivisa in tre fasi: tardoantica, altomedievale, romanica. L'architettura tardoantica presenta una sostanziale continuità con la precedente tradizione classica; al contrario, tra il VI e l'VIII secolo, la tecnica di realizzazione della malta di calce venne dimenticata in gran parte dell'Europa occidentale. Tra la fine dell'VIII e il IX secolo l'influsso della rinascenza carolingia e il rinnovato vigore del potere bizantino portarono a definire una nuova tradizione architettonica, che al volgere del millennio si era ormai consolidata a cominciare dai contesti sociali elitari ed ecclesiastici. Un aspetto fondamentale di tale passaggio verso nuove espressioni architettoniche fu la riscoperta di alcune tecniche costruttive (in particolare l'uso della malta di calce invece delle malte a base di argilla) e di criteri di progettazione classici, compresi alcuni principi di ingegneria, come quelli alla base della costruzione delle volte. L'architettura ecclesiastica costituì il nuovo, principale apporto al repertorio dell'architettura classica; la sua genesi si può individuare nella lunga evoluzione tecnico-progettuale antica e non sorprende che gli architetti imperiali abbiano ottenuto brillanti risultati nella nuova architettura paleocristiana. Dopo la pace della Chiesa (313) l'architettura acquisì un carattere di particolare grandiosità nelle basiliche costantiniane di S. Pietro (323-326, completata attorno al 400) e di S. Paolo fuori le Mura (386-423), a Roma. Questi nuovi complessi si distinguevano per la presenza di un ingresso turrito che conduceva dapprima ad un atrio e quindi portava ad un secondo ambiente definito da una navata centrale e da navate laterali, chiuso da un'abside. Spesso vi era un transetto, talvolta con sacrestie adiacenti; la copertura era costituita da un semplice tetto ligneo. Tali soluzioni dettero origine ad un tipo edilizio caratterizzato da un solido corpo di fabbrica e da un impianto articolato, funzionale alla liturgia. Il transetto era un elemento nuovo, progettato per offrire una maggiore capienza ai fedeli attorno all'altare; ben presto questo spazio venne reclamato dalle confraternite di devoti e si avvertì la necessità di ingressi al transetto separati. La pianta a T che ne risultò era ben distinta da quella di altre costruzioni, soprattutto da quella dei santuari pagani a pianta cruciforme, planimetria non adeguata alle necessità delle assemblee dei fedeli. Edifici di questo tipo vennero costruiti in tutto l'Impero e vennero addirittura emulati, anche se in forma più modesta, nelle ville coeve, come a Saint-Aubin-sur-Mer (Calvados) e a Montcaret (Dordogna). Il mondo cristiano orientale seppe mantenere la tradizione romana dell'architettura a volta, sebbene fortemente condizionato da influssi orientali. Gli architetti costantinopolitani dettero prova di considerevole abilità nell'applicazione sperimentale dei principi architettonici sasanidi, come la tecnica muraria impiegata nella costruzione della cupola di età giustinianea. L'esito più rilevante di questa tradizione fu S. Sofia, una chiesa che costituì il modello non solo per le basiliche metropolitane, come S. Giovanni a Efeso, ma anche per numerose chiese protobizantine dell'Egitto e dei Balcani. Già nel VI secolo le torri erano divenute importanti elementi ausiliari dell'architettura ecclesiastica. La loro origine probabilmente deriva dai bastioni e dalle torri usati per potenziare le fortificazioni e le fortezze urbane dal III secolo in poi. Tale soluzione architettonica venne ripresa nei contesti rurali domestici del III e del IV secolo. In ville come quella di Stonea (Lincolnshire) o nelle fattorie locali della Tripolitania, le torri sostituirono spesso gli ambienti principali di ricevimento. Dal V secolo la presenza di una torre centrale divenne la norma nella maggior parte delle più importanti ville, come a Nador (Algeria), Tabarca (Tunisia) e San Vincenzo al Volturno (Italia). A partire da questa data basse torri vennero poste generalmente ai lati dei portici delle basiliche paleocristiane. L'architettura popolare acquistò nel corso del IV secolo caratteri più marcatamente regionali. Nel V secolo emersero due tendenze principali: la minore cura posta nella realizzazione degli edifici in pietra e la prevalenza delle costruzioni in legno. Le abitazioni in pietra, soprattutto in contesti urbani, erano realizzate per lo più con materiale di spoglio proveniente da più antichi edifici di età classica; sembra che in questo periodo l'uso di pietra da cava fosse meno diffuso. Tale prassi dette luogo a edifici dall'apparenza più modesta, sebbene, come nel caso delle ben conservate abitazioni urbane di Efeso, del V secolo, i materiali riutilizzati venissero coperti da pitture di alta qualità. La grande differenza, comunque, tra l'epoca classica e la Tarda Antichità è senza dubbio nell'uso comune del legno in costruzione. In Italia era usuale che strutture lignee prendessero il posto di costruzioni residenziali in pietra in contesti urbani, come è evidente negli scavi di Brescia, Cosa e Luni. Si sarebbe tentati di attribuire la nuova architettura alla tradizione germanica, ma nella Gran Bretagna meridionale e nei Paesi Bassi, dove gli studi sugli impianti edilizi in legno tardoromani sono più avanzati, appare evidente che le strutture lignee ripresero tecniche locali romanizzate e che, poiché più facili e più economiche, soppiantarono le costruzioni in pietra. Alle migrazioni germaniche si deve l'introduzione di alcune semplici forme architettoniche, soprattutto le capanne seminterrate (Grubenhaus). Comunque in Gran Bretagna, in Francia e in Italia, nei periodi tardoantico ed altomedievale, questa tipologia architettonica venne normalmente utilizzata sia per abitazioni che per botteghe artigianali, come è stato evidenziato negli scavi di Mucking (Essex) e West Stow (Suffolk) in Inghilterra, di Brebières (Pas-de-Calais) e Saint-Denis in Francia. A causa della completa scomparsa della produzione di serie nel VII secolo, sono ben poche le costruzioni risalenti a questo periodo. Con la fine dell'estrazione della pietra, la crisi dell'industria laterizia e della produzione di malte di calce in molte regioni, non sorprende che siano scarsi i monumenti architettonici risalenti a tale epoca giunti fino a noi. Nella stessa Roma poche chiese vennero costruite tra l'inizio del VII e la fine dell'VIII secolo e la tendenza era piuttosto quella di restaurare le costruzioni esistenti; la maggior parte delle chiese erano piccole costruzioni in pietra, poco più di una cappella. Forse i migliori esempi sono costituiti dal tempietto del Clitunno, di VIII secolo, dal tempietto di S. Maria in Valle a Cividale, dalla prima cattedrale dei Sassoni Occidentali a Winchester (648 ca.) e dalla piccola cappella di Escomb (contea di Durham). La tradizione basilicale non scomparve completamente; le chiese in laterizio dell'inizio del VII secolo, edificate durante la missione di s. Agostino presso gli Anglosassoni a Canterbury, a Bradwell (Essex) e a Reculver, testimoniano la continuità con la tradizione classica. Le prime chiese monastiche a Jarrow e a Wearmouth (contea di Durham), costruite da artigiani franchi alla fine del VII secolo, dimostrano che il mondo cristiano poteva ancora contare su architetti provvisti della competenza richiesta da questo tipo di impianti. Anche in diversi monasteri europei, alla metà dell'VIII secolo, si conservavano ancora le necessarie conoscenze tecniche e di ingegneria. Gli scavi a Saint-Denis, presso Parigi, hanno dimostrato che la grande chiesa abbaziale, costruita dall'abate Fulrad tra il 754 e il 775, era una costruzione basilicale che già prefigurava le chiese carolinge. Analogie costruttive consentono di attribuire la ben conservata chiesa basilicale di S. Salvatore a Brescia alla metà dell'VIII secolo. La chiesa cattedrale di S. Sofia a Benevento, fondata dal duca Gisulfo II e completata dal duca Arechi II nel 762, appartiene a questo periodo di sperimentazioni; l'ampio e articolato impianto circolare richiama immediatamente la grande chiesa giustinianea di Costantinopoli e prefigura la Cappella Palatina di Carlo Magno ad Aquisgrana. L'architettura relativa alle residenze del potere in questo periodo di transizione è scarsamente documentata. Si è tentati di immaginare i sovrani occupare, senza però risiedervi stabilmente, i palazzi in pietra costruiti nella Tarda Antichità in alcuni centri, come Pavia o Ravenna. A nord delle Alpi, gli Anglosassoni e i Franchi costruirono nuovi palazzi in legno, spesso fortificati all'interno da palizzate; nel VII secolo il palazzo di Yeavering (Northumbria) comprendeva, oltre ad una bella sala circondata da edifici residenziali, anche un cuneus in legno per le assemblee, che sembra essere stato costruito sopra un antico teatro. L'alto livello della carpenteria, evidente in questi insediamenti elitari a nord delle Alpi, può essere riconosciuto anche nei coevi insediamenti mercantili ed agricoli. Invece a sud delle Alpi, nella posa in opera di pali o di travi a sostegno dei muri, le abitazioni rurali hanno ben poco della precisione che è usuale nei territori anglosassoni e franchi. La rinascenza carolingia deve molto alla riscoperta delle arti classiche. Tra i molti trattati classici copiati in questa epoca sono i dieci libri sull'architettura di Vitruvio, oggetto della corrispondenza tra il biografo di Carlo Magno, Eginardo, ed un certo Wussin, a testimonianza dell'influenza degli autori antichi sugli intellettuali della corte carolingia. Gli strumenti per gli impasti di malta di calce e i forni per la calce (come documentato dai rinvenimenti della Crypta Balbi a Roma) continuarono ad essere impiegati nei cantieri per la realizzazione di forme architettoniche tardoantiche, che dunque venivano ancora prese a modello. Le più importanti costruzioni di questo periodo vennero edificate dalla corte carolingia. Eginardo venne incaricato della costruzione del nuovo palazzo e della Cappella Palatina di Carlo Magno ad Aquisgrana, tra il 792 e l'805; il complesso fu progettato da Ottone di Metz per enfatizzare le processioni cerimoniali dal palazzo alla cappella. Il palazzo era assimilabile ad un triclinio di impianto romano rivisitato attraverso il triclinio papale del palazzo del Laterano; la cappella, con il rango di cattedrale, venne edificata con materiali di spoglio provenienti dall'Italia ed evoca intenzionalmente la grande cappella giustinianea di S. Vitale a Ravenna. Un ingresso monumentale introduceva, attraverso un atrio esterno, in un alto ambiente ottagonale coperto a volta, con gallerie su differenti livelli. L'importanza attribuita alle processioni è uno degli elementi principali della filosofia costruttiva delle nuove, enormi basiliche a Colonia, Centula (St.-Riquier) e a Fulda, considerata la S. Pietro del Nord, di oltre 100 m di lunghezza. In tutta la cristianità, dall'Inghilterra anglosassone al ducato longobardo di Benevento, vennero edificate nuove chiese basilicali in sostituzione delle più piccole cappelle di VII ed VIII secolo; molte includevano cripte anulari, nelle quali veniva conferito risalto all'accesso dei pellegrini e dei fedeli alle reliquie. Il segno di questa nuova epoca è dato dal paesaggio urbano di Roma, trasformato dalle nuove costruzioni all'inizio del IX secolo. Un'altra caratteristica di questo periodo è la definizione di una pianta espressamente dedicata agli impianti monastici: la prima forma di chiostro venne probabilmente introdotta nella chiesa di S. Pietro ad Altenmünster (Germania) dal vescovo Chrodegano, suo primo abate, nel 760-764. Dall'800 circa il concetto venne universalmente adottato nella cristianità come soluzione più idonea, in linea con la riforma di s. Benedetto di Aniane. L'impianto monastico comprendeva ambienti per gli ospiti, il palazzo dell'abate, altre chiese e, nel caso dei monasteri più grandi, come quelli di Saint-Denis o di San Vincenzo al Volturno, un quartiere per le attività artigianali ed un vicus per mercati periodici. Il grande disegno della complessa pianta di San Gallo (820 ca.), composto da ben cinque tavole distinte (ciascuna delle quali misura 0,77 1,12 m), è stato a lungo ritenuto un progetto paradigmatico dell'architettura monastica riformata di questo periodo. Alla luce di recenti dibattiti, è oggi considerato una pianta per l'abbazia di San Gallo redatta dall'abate Haito dopo i sinodi di Aquisgrana dell'816 e dell'817. Fino all'800 circa il palazzo del Laterano comprese una sala oblunga con tre absidi, due delle quali situate una di fronte all'altra a metà della sala. La nuova aula leonina era larga circa il triplo ed aveva undici absidi (una delle quali decorata con un mosaico). I muri erano affrescati da pitture raffiguranti gli apostoli che predicano ai gentili, il pavimento era rivestito da un mosaico in opus sectile ed al centro della sala si trovava una fontana. Non è affatto chiaro se tali importanti sviluppi dell'architettura monumentale riguardarono anche l'edilizia comune. Resta l'impressione che le costruzioni in legno abbiano seguito le formule tradizionali, sebbene dal IX secolo siano divenuti preminenti gli ambienti di servizio destinati all'immagazzinamento. È possibile che la disponibilità di utensili in ferro, come la sega e i chiodi, realizzati dai fabbri presso gli emergenti centri monastici e nelle nuove città, consentisse di apportare modifiche progettuali. Una delle nuove forme architettoniche introdotte in questo periodo costituì il prototipo del castello. Si tratta di fortificazioni private costruite in legno in Renania e alla foce del Reno dalla metà del IX secolo; questi complessi comprendevano sempre una sala con annessi ambienti di servizio ed erano circondati da una solida recinzione in terra o in legno. Tale struttura architettonica venne realizzata in pietra per la prima volta verso la fine del IX secolo nel palazzo reale tardocarolingio di Broich. L'architettura romanica tra il X e il XII secolo fu, in effetti, il frutto dell'evoluzione delle tecniche carolinge. La concezione strutturale delle costruzioni romaniche era più matura, caratterizzata da coperture a volte e da più ricche decorazioni plastiche esterne, ma essenzialmente non era differente nella concezione dall'architettura carolingia. Un'ulteriore distinzione fra le costruzioni di questi due periodi è rappresentata dalla diffusione della pietra di cava nell'XI secolo, in contrasto con l'uso preponderante della pietra non lavorata e dei materiali di spoglio impiegati in età carolingia. Le costruzioni in conci di pietra del tardo Romanico anglosassone, borgognone, catalano o lombardo riflettono l'evoluzione dell'opera degli scalpellini. La stesse capacità tecniche sono riscontrabili nella coeva architettura civile. Le fortificazioni private, in legno nel IX secolo, compresero invariabilmente, nel corso del X e dell'XI secolo, le case-torri in pietra. La Torre del Cavaliere scavata a Portchester (Hampshire) costituisce uno dei migliori esempi superstiti di questi nuovi canoni architettonici. Altre torri sono state rinvenute a Goltho (Lincolnshire), a Fécamp, nel castello dei duchi di Normandia, e a Husterknupp (Germania). In genere, lo scavo di queste abitazioni signorili romaniche in pietra ha dimostrato come esse abbiano sostituito strutture analoghe in legno. Le casetorri dell'Italia meridionale costituirono dapprima il tratto distintivo dei nuovi castelli d'altura dell'XI secolo; inizialmente, come nel Nord Europa, erano piccole costruzioni slanciate, ciascuna alta due o tre piani, abbastanza simili alle torri campanarie legate alle chiese abbaziali dell'epoca. Erano inoltre le abitazioni dell'élite rurale emergente in Campania, nel Lazio e in Toscana. In Toscana, in villaggi più ricchi come l'insediamento minerario pisano di Rocca San Silvestro, le abitazioni contadine in pietra sostituirono le precedenti costruzioni lignee; tali nuove abitazioni rurali tentarono di emulare le case-torri nella struttura architettonica e nei dettagli. 2ff7e9595c
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